Il Taglio bordolese in Italia

Le origini del taglio bordolese, il mito del Bordeaux

Quando si parla di taglio bordolese, la mente corre subito ai grandi vini del Medoc, di Pomerol e Saint-Emilion, ai celebri Château Lafite-Rothschild, Château Margaux, Château Latour, Château Haut-Brion, Château Mouton-Rothschild, Château Petrus o Château Cheval Blanc. Il mito di Bordeaux risiede, oltre che nella qualità dei suoi vini, anche nella grande tradizione, con la prima classificazione del territorio che risale al 1855. Ma a parte l’allure storica, la fama di Bordeaux poggia le radici, nel senso letterale del termine, in terroir straordinario, con terreni vocati, clima perfetto e vitigni di altissima qualità. Quando oggi parliamo di uve internazionali, in realtà facciamo riferimento a varietà francesi, in buona parte della regione del Medoc:

  • cabernet franc
  • cabernet sauvignon
  • merlot, petit verdot
  • malbec
  • carmenère

 

Una selezione di poche uve, con caratteristiche di particolare pregio, su cui i viticoltori hanno lavorato per secoli affinando la conoscenza per raggiungere il massimo livello d’eccellenza.

Il taglio bordolese, il procedimento

Dietro alle due parole taglio bordolese, oltre a una connotazione geografica si nasconde un processo produttivo ben preciso. Quando si parla di taglio si fa riferimento a un procedimento di vinificazione separato delle diverse uve. I vini sono poi assemblati solo in un secondo momento, quando si decide la composizione definitiva della cuvée. La pratica del taglio nasce dal diverso periodo di maturazione delle uve: prima il merlot, poi i cabernet, infine il petit verdot, considerando che in Francia malbec e carmenère sono stati ormai quasi completamente abbandonati. L’idea di unire più vitigni nasce dal desiderio di creare un vino armonioso ed equilibrato.

Il merlot è famoso per gli aromi fruttati, la morbidezza e l’eleganza dei tannini, il cabernet sauvignon per la struttura, la bella tessitura tannica, l’acidità e un bouquet di grande finezza espressiva, il cabernet franc per la freschezza, il profilo austero ed elegante, infine petit verdot per la sua profondità, per i tannini robusti e le caratteristiche note speziate.

Le percentuali variano da zona a zona: l’Haute Medoc è il regno del cabernet sauvignon (60/70%), a Pomerol il vitigno più utilizzato è il merlot e a Saint-Emilion si usa spesso una buona percentuale di cabernet franc.

Il taglio bordolese in Italia

Ovviamente un vino di così grande successo ha trovato emuli in tutto il mondo e anche in Italia. Nella nostra penisola esistono alcune zone in cui i vitigni bordolesi sono storicamente presenti, si pensi alle regioni del Triveneto o dove sono stati introdotti più di recente con risultati molto interessanti. Facile pensare a Bolgheri, oggi vera culla dei tagli bordolesi italiani. Questo piccolo angolo della Maremma toscana, sulla scia del successo del Sassicaia (prima annata 1968) si è rivelato un terroir perfetto per cabernet franc, cabernet sauvignon, merlot e petit verdot, che arrivano a perfetta maturazione con profili intensi e mediterranei. Ma non mancano ottime etichette prodotte in Veneto, in Trentino, in Alto Adige nella zona di Cortaccia, così come nel centro e sud Italia.

La caratteristica vincente dei tagli bordolesi italiani è l’impronta territoriale, che non ne fa solo delle copie dei famosi cugini francesi, ma vini con un‘identità e una personalità ben precisa. Un carattere originale e unico, che spesso si esprime anche attraverso l’utilizzo, insieme alle uve francesi, anche di una piccola percentuale di varietà locali, come accade spesso in Toscana con il sangiovese o in Campania con l’aglianico nel caso di Montevetrano.

Qui indichiamo una serie di etichette interessanti per approfondire la conoscenza dei tagli bordolesi italiani.

di Alessio Turazza

Giornalista freelance, collabora con Il Gambero Rosso, Bio Magazine, In Viaggio con Gusto, WineTimes, numerosi siti e altre riviste di settore.