La storia di Arcari+Danesi

L’Azienda Agricola Arcari + Danesi si trova nel comune di Coccaglio e la cantina è stata ricavata, come oggi spesso accade, nella roccia del versante sud del Montorfano, rilievo geologico che definisce il confine meridionale del territorio franciacortino. Giovanni e Domenico, chiamato Nico, sono cresciuti insieme vivendo a 500 metri di distanza l’uno dall’altro. Tra loro c’è una piccola differenza d’età, classe 1975 Giovanni e 1970 Nico, tuttavia si sa che nella fase infantile-adolescenziale cinque anni sono abbastanza e non è insolito che ci si allontani un pochino.
Una volta cresciuti però il contatto si intensifica nuovamente e nel 1996 nasce l’idea di fare un vino insieme

Giovanni inizia a lavorare come rappresentante nel mondo del vino e si trova così, non solo ad assaggiare vini grandi, ma anche a relazionarsi con carismatici personaggi illustri come Luigi Veronelli e Gianni Masciarelli – definiti da lui stesso i suoi maestri. Nico, invece, studia enologia a Milano e diventa “Il” responsabile dei vigneti di una nota azienda italiana.
Arriva il 2006 e i due ragazzi decidono di realizzare il progetto a cui avevano pensato anni prima producendo mille bottiglie tra Satén e Dosaggio Zero.

L'idea di Arcari+Danesi

Dei grandi champagne, con i quali si sono a lungo confrontati, riprendono solo il metodo ovvero la rifermentazione in bottiglia, ma ne cambiano uno dei presupposti ossia la spiccata acidità che le uve devono avere al momento della vendemmia.
La loro idea è quella di vendemmiare quando l’uva è matura anche dal punto di vista fenologico e pertanto se è certamente vero che l’acidità è molto importante per un metodo champenoise, così lo è anche – secondo la loro visione – la maturazione e la completezza del frutto perché “solo il gusto dell’uva non si può copiare e anche se le arance sono tutte uguali, quelle di Sicilia sono diverse”.
Nasce allora il metodo SoloUva ovvero sia nella “liqueur de tirage”, necessaria a far partire la seconda fermentazione, sia nella “liqueur d’expedition”, utilizzata per creare le diverse tipologie – extra brut, brut, extra dry, dry … – tranne il dosaggio zero, gli zuccheri presenti non sono esogeni (per semplificare zucchero di canna), bensì derivano dal mosto d’uva che durante la vendemmia viene messo da parte e conservato fino al suo futuro utilizzo.
Tale metodo è stato certificato nel 2008 dal CSQA ossia Certificazione Qualità Agroalimentare ed è gratuito per tutti i produttori di Franciacorta poiché Giovanni e Nico insieme a Andrea Rudelli e Giuseppe Vezzoli ritengono che la cultura debba essere accessibile a tutti e pertanto tutti possano, qualora ne avessero voglia, sperimentarlo sulla produzione dei propri vini spumanti esprimendo al meglio le peculiarità di uve e territorio.
Arcari+Danesi crede, infatti, che questo sia l’unico modo per rispettare l’area franciacortina e le sue differenze perché, sebbene questa non sia molto estesa – trattandosi di 2800 ettari – ha diversi microclimi, diverse esposizioni, diverse composizioni del terreno e diverse altitudini senza poi dimenticare l’influenza, più o meno mitigatrice del clima alpino, che il Lago d’Iseo apporta.

L'area di produzione di Arcari+Danesi

In particolare, l’Azienda ha cinque ettari e l’appezzamento più grande si trova precisamente a Coccaglio intorno alla cantina scavata nella roccia i cui 3 ha di terreno hanno una composizione calcareo-argillosa. Nella vigna di Capriolo, invece, il terreno è caratterizzato da un limo medio a impasto argilloso, in quella di Passirano da un terreno morenico di media profondità e infine a Gussago da un terreno calcareo di origine prealpina. Satén e Dosaggio Zero nascono dai vigneti di Coccaglio e Capriolo, l’Extra Brut da quelli di Passirano e il Franciacorta Riserva Tzero – dedicata a Tiziano figlio di Nico – dalla vigna di Gussago.

La produzione Arcari+Danesi

Nelle belle annate si producono 30.000 bottiglie e i vitigni utilizzati sono chardonnay, pinot nero e pinot bianco, la resa per ettaro è di 90 quintali, ma attraverso la pressatura soffice solo il 50% di uva si tramuta in mosto fiore; inoltre, in caso di perdita di alcune viti, segue il reimpianto delle stesse utilizzando le marze delle migliori piante di quel vigneto. Giovanni e Nico attuano quindi un’attenta selezione massale che ha lo scopo di aumentare la qualità e la potenzialità sostanziale delle loro vigne e conseguentemente dei loro vini, i quali, sebbene fortunatamente diversi, sono tutti legati da un importante filo conduttore che si fonda su precisione e eleganza di profumi e di finissimo perlage, quest’ultimo dovuto alla lunga sosta sui lieviti mai inferiore a 30 mesi.

L’ultimo arrivo in casa Arcari+Danesi è Grace ossia un rosé frutto di un uvaggio di barbera, schiava, marzemino e sangiovese provenienti dai vigneti di Caionvico. Si è deciso di chiamarlo così, Grace, come omaggio alla Grand Central Station di Manhattan costruita con il marmo di Botticino e il vino rosato è stato appunto pensato per essere affiancato alla suddetta DOC.
Le uve provengono da una vigna vecchia che si trova a 200 mslm di 70 anni di età, il cui suolo è calcareo argilloso. Le 2500 bottiglie prodotte sono state tutte vendute prima che uscissero sul mercato rivelando chiaramente che questi ragazzi all’avanguardia, ma allo stesso tempo rispettosi di territorio e provenienza, in pochi anni si sono guadagnati la stima, la fiducia e perché no l’affetto degli amanti dei loro vini.


di Camilla Malgarini


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